
“Una stecca lunga un chilometro per nove piani di altezza, milleduecento appartamenti, ottomilacinquecento stanze in grado di ospitare seimila persone e più di settecentomila metri cubi di volume” il Serpentone, lo chiamano così questo palazzo-quartiere di una periferia sgangherata di Roma: Corviale. È un crocevia di razze, etnie, mille storie diverse, soprattutto un luogo abbandonato, degradato e di difficili convivenze. Tra questi blocchi di cemento, che soffocano perfino la speranza, si consuma il delitto efferato di un giovane siriano (Nadir Bayazid). È un caso semplice: più volte Nadir era stato il bersaglio di un commerciante della zona, i cui affari avevano iniziato a girare male proprio per colpa (?) di gente come lui. Nel romanzo, Elia Desideri, questo il nome del commerciante, ha il ruolo dell’italiano esasperato ed impoverito da un’immigrazione clandestina e mal gestita che ha finito per contrapporre, senza filtri, i nuovi ultimi a quelli di prima. “Nella tana del serpente” è il secondo capitolo di una serie di legal thriller che ha come protagonista un brillante avvocato romano: Alessandro Gordiani. Gordiani è penalista come il suo inventore – Michele Navarra – è sposato con Chiara – segretaria dello studio legale – ma ha un debole per Patrizia Mori, vecchia fiamma e collega “di scrivania”. Quando se ne va in giro per Roma su una vespa bianca scassata, è difficile non vedere su quella vespa il Nanni Moretti di “Caro Diario”. Non è un supereroe, Gordiani, anzi. La sua normalità – in Italia si contano almeno 250.000 “Gordiani” – le debolezze, i conflitti interiori, i dubbi sul matrimonio, ce lo rendono molto umano. Navarra gioca su due tavoli: il professionista capace si alterna al marito annoiato. Il resto lo fa Roma, quella bene e quella di Corviale – miseria e nobilità – la sua toponomastica, i colori, lo slang dialettale. Sì, ma chi ha ucciso Nadir? Che vi importa.
Angelo Cennamo