Nel suo ultimo romanzo, DeLillo immagina che il mondo si fermi per via di un blackout tecnologico, l’umanità de “Il silenzio” è sconnessa da internet e da se stessa. Il buio di Tiffany McDaniel, giovane scrittrice dell’Ohio – ah questo Midwest! – è buio vero, è assenza di luce, un lento spegnimento del sole che ingoia tutto e tutti: persone, animali, continenti.
“L’eclisse di Laken Cottle” arriva in Italia sull’onda del successo dei libri precedenti “L’estate che sciolse ogni cosa” e “Il caos da cui veniamo”, sempre con Blue Atlantide. Laken Cottle ne è il protagonista. Mentre la terra si oscura, Laken cerca disperatamente di tornare a casa dalla propria famiglia. Il suo viaggio è il viaggio di Ulisse, la metafora cioè della continua ricerca di una redenzione forse impossibile, di un’empancipazione dall’errore e dal malvagio che permea ognuno di noi. Il buio che soffoca la terra è come l’eclissi della mente che nasconde la verità, qualcuno spiegherà a Laken nelle ultime scene del suo peregrinare. E allora non resta che annullarsi, rimuovere sovrastrutture, false convinzioni, paure, pregiudizi, per ritrovare la giusta rotta per Itaca.

Dicevo prima del Midwest, la landa piatta e ventosa de “Il re pallido” di Foster Wallace o dei più recenti “Shotgun lovesongs” di Nickolas Butler e “Ohio” di Stephen Markley, ma anche terra feconda di romanzieri e di storie in cui perdersi come questa.
C’è sempre qualcosa di mistico nei libri di Tiffany McDaniel; “L’eclisse di Laken Cottle” è una fiaba dark sul senso del divenire e sul destino che ci attende. Tiffany McDaniel si fa tentare dal gotico ma vola più in alto, è un po’ Borges un po’ Shirley Jackson; quanta poesia e quanta magia nella sua prosa briosa, nei suoi doppifondi. La luce, le ombre, l’incanto.
Angelo Cennamo
L’ha ripubblicato su Downtobaker.
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