
Il suo ultimo romanzo, “Anna”, risaliva al 2015. In questi otto anni, circa, Niccolò Ammaniti si è dedicato ad altro: alla regia televisiva, per esempio. Otto anni tra un libro e il successivo, in un paese come gli Stati Uniti è una distanza più o meno regolare (Franzen, Eugenides, Chabon, Moody, Meyer, Egan, Donna Tartt…), in Italia è un tempo lunghissimo e rumoroso, soprattutto per uno scrittore molto seguito come lui, giovane protagonista in quella generazione di “cannibali” che negli anni Novanta aveva cercato una sintesi tra l’avantpop di Bret Easton Ellis e il pulp di Quentin Tarantino. A suo modo, Ammaniti c’era riuscito.
“Le storie, quelle importanti, quelle che cambiano i destini, sono fiumi impetuosi, difficili da imbrigliare”.
Il monito della voce fuori campo di questo nuovo romanzo sembra introdurre il lettore sulla scena di un thriller in cui la casuale concatenazione dei fatti e delle circostanze risulta decisiva. La protagonista è una quarantenne palermitana di buona famiglia, ex indossatrice, con un passato nell’atletica leggera. Maria Cristina Palma è la donna più bella del mondo, così dice almeno uno studio dell’università della Louisiana. Dopo essere sopravvissuta all’incidente che invece è costato la vita al suo ex marito, un noto scrittore, Maria Cristina ha sposato Domenico Mascagni, l’attuale presidente del Consiglio italiano; vive in un superattico di trecento metri quadrati a due passi da piazza Navona, è seguita da due personal trainer, ha intorno a sé uno sciame di assistenti e collaboratori sui quali si erge il misterioso Bruco, uno spin doctor invisibile che scandisce i tempi, i modi, le strategie.
“Questa storia inizia con un urlo di dolore” l’urlo lanciato da Maria Cristina per un banale incidente domestico. L’effetto domino che ne segue guiderà il lettore nei diversi blocchi narrativi tra dialoghi fabiovolani: “Devo riconoscere che con gli anni sei diventata più intensa… Quindi da giovane ero insignificante?… No. Ma la vita ci segna, rendendoci più interessanti” e una serie di luoghi comuni sugli agi dell’alta borghesia che fanno rimpiangere il Piperno di “Con le peggiori intenzioni”.
Piuttosto modesta e stereotipata è la rappresentazione di Nicola Sarti (finto perfino nel nome, nome da commissario più che da imprenditore), una vecchia fiamma di Maria Cristina ricomparsa dal nulla dopo vent’anni. Sarti si “avvinghia” alla preda ritrovata come uno stalker, mostra il polso stretto in un Rolex (che fantasia!) e per fare colpo – non dovesse bastare il Rolex – annuncia a miss universo di possedere una catena di hotel a cinque stelle (con quattro non sarebbe stato persuasivo). L’interlocuzione tra la Lady D e l’aspirante Dodi Al-Fayed di Ammaniti è un po’ letteratura rosa, un po’ fiction agiografica di Rai Uno (i dialoghi sono la parte peggiore del romanzo). A completare il quadro di questo “Pomeriggio cinque” su carta è la storia commovente del factotum-badante-innamorato-ma-troppo-povero-per-farsi-avanti che segue Maria Cristina anche nella sua nuova vita da vip.
Maria Cristina è bella, è ricca, è potente, ma piange “La malinconia è la felicità di essere tristi” chiosa Niccolò Hugo. Piange perché anche i ricchi piangono, e perché la bella donna sta vivendo una vita che non le somiglia per niente. Piange perché, a un certo punto della storia, sul suo smartphone compare uno strano video. Panico. Terrore. Sospetto. Dubbio. Azzardo. Il romanzo che sembra un thriller diventa un vero thriller psicologico, ma il morto ammazzato non c’è. Corre Maria Cristina, vorrebbe essere altrove – “La vita intima” è un romanzo sull’altrove; la sua zona disagio ora è incontrollabile. Ammaniti può riscattarsi puntando sul Bruco, il personaggio che gli è venuto meglio, ma stecca il colpo. La storia (peccato non averla raccontata in prima persona) gli sfugge di mano, prende altre direzioni, si sbriciola (alcune buone parti sono intervellate da altre sciatte e sconclusionate), e quel video è un mastice troppo debole per ricomporla. Dove vuole andare a parare Ammaniti? Che Maria Cristina non si senta libera nei panni della first lady e che il caso governa il mondo secondo il paradigma di Paul Auster, ce lo ha già detto a pagina trenta. Qual è il senso di tutte le altre?
Angelo Cennamo