
Due anni dopo l’esordio de “Il giorno mangia la notte”, Silvia Bottani torna in libreria con un nuovo romanzo, breve, sul tempo e sulla memoria. I protagonisti sono un “atleta mentale” quarantenne, divorziato, con una figlia adolescente, e una sua ex fidanzata, sorella del suo miglior amico negli anni della scuola, scomparso misteriosamente vent’anni prima. Dopo aver chiuso i ponti con la vecchia azienda, Mauro Massari oggi ha cambiato vita: dà ripetizioni, scrive tesi per laureandi, poco altro. Lei, Bianca Cerutti, si occupa invece di territorio, energia, ambiente, ma l’ecologia ha poco a che vedere con questa storia, così come a rimanere sullo sfondo è il talento, l’unico forse, di Mauro per la mnemonica, grazie alla quale, da ragazzo, ha vinto diverse gare internazionali. Mauro è un persona semplice, obbligata anche dalle attuali ristrettezze economiche a rinunciare a spese pazze e a svaghi. La sua progressiva rinuncia alle cose è “inversamente proporzionale all’ampiezza del mondo” che negli anni è riuscito a costruire nella propria mente. Ed è proprio la mente di Mauro il “luogo” di questo romanzo. Più che una trama, il libro ha un senso: il passato non muore mai, esiste, è tangibile, vive in una parte di noi, possiamo perfino abitarlo “La memoria è una solitudine abitata e ha un costo, erode la vita reale… Sto bene lì dentro”. Attraverso ricordi e conversazioni, Mauro e Bianca fanno rivivere Fabio, il terzo protagonista del romanzo. Fabio è protagonista nell’assenza, come la bisnonna di Lenore del primo Foster Wallace. Leggere “Un altro finale per la nostra storia” è come sfogliare un album di vecchie foto “Tutti vogliamo ricomporre l’immagine di noi, per questo ci raccontiamo senza tregua la nostra storia personale”. Le foto non sono ingiallite ma nitide, per la straordinaria attitudine che ha Mauro di attualizzare il ricordo, di connetterlo al presente, e di proiettarlo nel futuro (il futuro di Mauro è Martina, sua figlia).
“È assai più dolce il ricordarsi del bene che il goderne, come è più dolce lo sperarlo, perché in lontananza sembra di poterlo gustare” il passato leopardiano di Mauro è una vicenda di occasioni perdute, di appuntamenti mancati, di appunti da riscrivere. “Mi piace ancora l’idea di stare in luogo a cui non appartengo, e a un tratto andarmene così come sono venuta” gli fa eco Bianca, l’altro passeggero di questo tempo sospeso in cui l’improbabile e il possibile non si escludono per principio. L’incontro tra Mauro e Bianca è una storia delicata e malinconica, volutamente lenta per conferire al tempo la dimensione più adeguata al significato del racconto: la larghezza. L’essenzialismo di Silvia Bottani non è solo un fatto estetico: giova al contenuto. Parole sottratte, frasi brevi ma precise; il discorso diretto e quello indiretto sono resi fluidi dall’assenza di trattini e virgolette. Semantica e corpo della infinita rincorsa a un amore da immaginare.
Angelo Cennamo