NOZZE SUL DELTA – Eudora Welty

Eudora Welty. A molti di voi forse questo nome non dirà nulla. Ma se al nome aggiungessi un titolo, chessò: “Morte di un commesso viaggiatore” (identico all’altro usato da Arthur Miller)? Il racconto uscì nel 1936 su una piccola rivista “Manuscript” e segnò il debutto di questa scrittrice nata nel 1909 a Jackson, nel Mississippi – un trentennio dopo vi nacque anche Richard Ford – tra le voci più autorevoli della letteratura americana del Sud e nel 1972 vincitrice del premio Pulitzer con “La figlia dell’ottimista”. “Nozze sul Delta” esce nel 1946, in Italia è stato ripubblicato di recente da minimum fax con la traduzione di Simona Fefè. Di cosa parla. Cosa c’è dentro. Praticamente niente. La Welty, che è stata tra l’altro anche una brava fotografa, ci consegna delle immagini, un album di vecchie foto, che attraverso la sua prosa, magnificamente pigra, sinuosa, improvvisamente si animano, offrendoci lo spaccato di un mondo lontano nel tempo e nello spazio ma suggestivo, colorato, rigoglioso.

È il settembre del 1923 quando una bambina di nove anni, orfana, Laura McRaven, viene messa su un treno e spedita dai parenti di sua madre, a Jackson, nella piantagione di Shellmound, dove di lì a qualche giorno sua cugina Dabney, diciassettenne, sposerà Troy, il soprintendente della piantagione, che ha il doppio dei suoi anni. Un matrimonio di interesse si direbbe. Ecco, la trama è tutta qui; eppure la Welty è abilissima nel dilatarla all’inverosimile e a ficcare negli interstizi mille altre storie ed intrecci legati ai singoli protagonisti: un ingorgo di zii, cugini, fratelli, nipoti e pronipoti, molti dei quali vivi, altri morti ma sempre presenti. Tutto – non – accade in una grande villa coloniale brulicante di “negri” ( scritto così, gli amici della “Cancel Culture” se ne facciano una ragione ) amici e parenti alle prese con i preparativi delle nozze imminenti tra Dabney e Troy. La Welty lavora per addizione; dalle sue parole traspare ogni dettaglio, ogni sfumatura di quel piccolo mondo antico, persino i profumi della terra, i suoni melodiosi di un Sud che abbiamo amato leggendo e rileggendo i libri di Faulkner e Twain, ma anche del più recente Joe Lansdale. Per quanto semisconosciuta in Italia, Eudora Welty è stata una scrittrice prolifica, dotata di grande tecnica narrativa, e le sue opere, a distanza di molti anni, restano tra le migliori testimonianze di un’America ormai perduta ma ancora viva nell’immaginario di tanti lettori. 

Angelo Cennamo

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