ORE DISPERATE. L’ultimo processo di Harper Lee – Casey Cep

“Scrivere è facile: tutto ciò che devi fare è sederti e fissare un foglio bianco fino a quando sulla fronte non fioriscono gocce di sangue.”
Questa è la storia di un best-seller mancato e di cinque delitti più uno, commessi negli anni Settanta in una piccola contea del profondo Sud degli Stati Uniti. Una storia vera, verissima, raccontata come se fosse un romanzo. Ma veniamo ai fatti. Siamo in una cittadina dell’Alabama, costruita alcuni decenni prima nei pressi del lago artificiale Martin. Qui vive e predica un reverendo afroamericano di nome Willie Maxwell. Willie è un uomo altissimo, oltre il metro e novanta “abbastanza alto da sovrastare quasi ogni altro uomo, e abbastanza magro da passare tra due”. Elegante, cordiale, Willie piace alle donne per lo stile fuori dal comune e per la capacità, rara, di saper ascoltare. Il ruolo di pastore metodista e l’aura bonaria e perbene che lo accompagna, nascondono però un lato oscuro e inimmaginabile della sua natura. Willie è un serial killer della peggiore specie: in pochi anni ha ucciso cinque membri della sua famiglia per intascare i soldi delle polizze assicurative. Casey Cep, giovane giornalista del New Yorker, fa una ricostruzione molto dettagliata, sia dei luoghi dove il reverendo si muove, sia del mondo assicurativo americano di quegli anni – interessanti le pagine dedicate al padre di Philip Roth, assicuratore di Newark che quel ginepraio di approssimazione lo conosceva bene. I delitti del reverendo Maxwell sono silenziosi, senza tracce di sangue, indimostrabili anche grazie alle difese di Tom Radney, attivista liberal e miglior avvocato in circolazione di tutta l’Alabama. Radney è molto abile a smontare ogni accusa e a respingere le eccezioni delle compagnie assicurative più recalcitranti, ma dovrà superarsi quando si ritroverà ad assumere nientedimeno che le difese dell’uomo che ucciderà Maxwell con tre colpi di pistola davanti a decine di persone.  Siamo a pagina 200. Sulla scena del processo al reverendo compare Harper Lee, scrittrice dell’Alabama, autrice di un solo romanzo che diciotto anni prima le aveva fatto vincere il Pulitzer e resa celebre in tutto il mondo. Casey Cep le dedica tutta la seconda parte del racconto, ne tratteggia la biografia ma anche i timori, le frustrazioni: dopo “Il buio oltre la siepe” la Lee non era riuscita a scrivere più nulla. La storia del reverendo Maxwell può diventare il plot di un insperato successo editoriale, liberarla finalmente da uno stallo che si protrae da tanto tempo. L’idea è più o meno quella che ispirò Truman Capote quando con il suo aiuto, proprio della Lee, gettò le basi di “A sangue freddo.” Sembra facile, ma non lo è. Non lo sarà. L’operazione di Harper Lee non trova nessuno sbocco, si perde tra mille appunti, bozze, cassetti. Eppure quella storia, maledettamente vera da sembrare finta, prima o poi andava raccontata. Il libro che Harper Lee non è riuscita mai a pubblicare lo ha riscritto nel 2019 Casey Cep. Ora in Italia con la traduzione impeccabile di Sara Bilotti e la benedizione di Luca Briasco, scopritore di talenti e di capolavori sconosciuti. Leggetelo, ne vale la pena.

Angelo Cennamo

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